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Gabriele Basilico, Ascolto il tuo cuore città

date » 12-09-2016 23:08

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tags » Ascolto, Città, fotografica, Gabriele Basilico, milano, mostra, Unicredit,

Milano, Unicredit Pavillion, dal 18 dicembre 2015 al 31 gennaio 2016.
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Ecco il primo articolo di questo 2016, basato su una delle ultima giornate del 2015.

Una bella gita a Milano a vedere la spettacolare mostra di Gabriele Basilico, “Ascolto il tuo cuore città”. Una mostra antologica a qualche anno dalla sua scomparsa. In un posto veramente bello, l’Unicredit Pavillion, nello spettacolare quartiere di Porta Nuova a Milano. Simbolo di una edificazione bella e futurista. Con una piazza che attrae visitatori forse più di tante storiche piazze italiane.

A parte il viaggio piacevole e la compagnia di due amici ed un bel sole che non vedevo da quasi un mese (visto il dominio incontrastato della nebbia in questo passato dicembre), la visita all’esposizione è stata ricca emozioni e sorprese. Una scorsa tramite i lavori più acclamati di Gabriele Basilico, che lo hanno portato ad essere un riferimento fotografico non solo per i fotografi italiani, ma anche per i fotografi stranieri.

Il titolo della mostra contiene una citazione intrinseca al lavoro di Alberto Savinio, che nel 1944 scrisse “Ascolto il tuo cuore città”, profondo ragionamento pieno di speranze per il futuro in una Milano appena uscita dai bombardamenti bellici ed in procinto di ricrearsi. Forse implicitamente un augurio che lo stesso fotografo rifà alla sua amata città, o forse un accorato e sincero sentimento di amore per questo luogo.


L’interno dell’ Unicredit Pavillion

La struttura della mostra affronta i temi principali della carriera di Gabriele Basilico, “I porti di mare” “Beirut” “Ritratti di Fabbriche” “Porta Nuova” ed altre immagini a colori famosissime di alcune megalopoli mondiali ritratte con il suo particolarissimo sentire, “Metropolis”.

Una serie di filmati che lo ritraggono giovanissimo ma già autore acclamato, riprendono i temi che lo hanno contraddistinto ed il “fine sentire dello sguardo” padre del suo “vedere lento”. Un insieme di fotografie (150) molte di grande formato, che fanno vagare lo sguardo alla scoperta di dettagli infinitesimali ma non per questo poco importanti.

In un bianco e nero strepitoso, così come nella gestione del colore sempre posato e morbido, tutta la mostra contiene una visione dell’Italia che potrebbe da sola esprimere tutta la nuova urbanità, ed il nostro habitat attuale. Una specie di riferimento enciclopedico che dovrebbe fare da pietra miliare dello sviluppo del nostro territorio. Senza escludere le visioni delle altre metropoli mondiali che da sole basterebbero per essere rappresentative della vita umana attuale se dovessimo parlare di noi a dei popoli alieni.

Non mi dilungo oltre, vale la pena prendere l’auto od il treno ed andarla a vedere, lascerà in ognuno di voi una nostalgica sensazione, ed un sentimento di vuoto per la scomparsa di una persona così importante, capace di interpretare il nostro mondo tramite il suo obiettivo.

Qui il link ufficiale alla mostra.


Unicredit Pavillion, Gabriele Basilico – Milano

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Fotografia Contemporanea dall'Europa Nord-Occidentale

date » 12-09-2016 23:43

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tags » Fondazione Fotografia Modena, Fotografiche, Modena, Mostre, Tom Sandberg,


Fondazione Fotografia Modena
Foro Boario – Modena

Una serie di artisti eccezionali provenienti dall’Europa Nord-Occidentale, riempie gli spazi espositivi della Fondazione Fotografia Modena fino al 10 gennaio 2016.
Primo fra tutti Tom Sandberg, che da solo vale la pena di essere preso in esame per questa (per me che vengo da Venezia) gita fuori porta. Questa manifestazione che è divisa in più parti, in questo momento si occupa dell’esame di artisti di quest’area. I contenuti della mostra permettono di esplorare questa visione nord-europea tramite la nitidezza e la ricchezza dei contenuti. Queste visioni che si distaccano emotivamente da visioni di altre aree europee, certificano come vengano a differire i linguaggi espressivi a seconda delle zone di appartenenza degli autori. Cosa che rappresenta per me ormai una sacralità ma in questo caso risulta certezza conclamata. Infatti se gli artisti dell’Est Europa sentono la ricerca artistica come un dovere per poter affrontare e ricomporre un passato importante, affrontando il tutto come una missione, gli artisti del Nord Europa intraprendono un viaggio verso se stessi, verso le relazioni umane, indagandole insieme al rapporto che si sviluppa con l’ambiente naturale e cercando di ritornare quanto più possibile rimane di bellezza, composizione ed armonia. Ecco perchè adoro questo tipo di fotografia essenziale ed intimista.

Nel corso di una carriera più che trentennale, Tom Sandberg ha lavorato soprattutto con la tecnica del bianco e nero, prediligendo medio e grande formato e dando vita ad un corpus di opere rilevante. I lavori esposti a Modena sono pervasi da un’inquietudine tipicamente nordica: visioni che divengono riflessioni aperte sulla vita e sulle sue infinite sfumature (sottolineate da una superba stampa), in taluni casi vere e proprie allucinazioni che richiamano gli incubi di Munch, nelle quali la presenza umana diviene una proiezione di sé, tanto incerta quanto definitiva. (Fonte Fondazione Fotografia Modena). La mostra include fotografie di Morten Andenaes, Jonny Briggs, Melissa Moore, Sandra Kantaen, Oliver Richon e molti altri.

Tra le più interessanti visioni, quella di Barbara Prost, che tramite l’uso di scatti multipli fatti da più persone contemporaneamente ripropone il tema della impersonalità delle opere e citando Brecht “la rivelazione della costruzione delle stesse”. Questi sono degli scatti miei del Foro Boario di Modena, niente a che vedere con le opere esposte … vi suggerisco, comunque di andarla a visitare questa esposizione, oltre al fatto di usufruire della bellezza di questa straordinaria città anche per il fatto che si mangia niente male … doppia felicità a tutti.

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Evolutio Visio, l'inaugurazione


Mostra fotografica di Giovanni Cecchinato
Centro Culturale Candiani di Mestre Venezia
(Sulle orme di Gabriele Basilico)


In esposizione dal 14 novembre al 13 dicembre 2015
dal mercoledi alla domenica dalle 16:00 alle 18:00
3^ piano sala Paolo Costantini

Mostra Fotografica a cura di Riccardo Caldura e Giovanni Cecchinato
In collaborazione con Università IUAV di Venezia

Gabriele Basilico e Mestre
Era settembre del 1996 ed al Padiglione Italia ai Giardini della Biennale di Venezia venivano esposte 6 sequenze di foto che rappresentavano delle ipotetiche vie di comunicazione basate sui due assi Ovest-Est e Nord-Sud del territorio italiano. Le foto erano parte di un progetto di Stefano Boeri ed erano eseguite da Gabriele Basilico. Il progetto mirava a rappresentare questi assi di comunicazione ed a far emergere gli spazi inabitati, creando una nuova maniera di raccontare fotograficamente gli ambienti urbani che tutti noi viviamo. Il tutto venne poi raccolto in un libro firmato dai due autori dal titolo “Italy – Cross Section of a Country”. Questo progetto diede maniera a Gabriele Basilico di re-introdursi nel florido (allora) territorio del Nord-Est, in quel momento ricco di contraddizioni, ma dopotutto conosciuto per via di relazione materna e dunque ancorato ai sentimenti di una gioventù passata nel trevigiano nei momenti di pausa estivi. Nel 2001, in occasione della collettiva “TerraFerma” Gabriele Basilico ripercorre in specifico i luoghi dell’Urbe Mestrina per poi esporli al Contemporaneo di Mestre. In questa esplorazione visiva, egli permette l’emergere di visioni nascoste in una città senza forma cresciuta a dismisura e senza concetto, motivata solo dall’essere abitata o come si dice di qui “nata per far dormire gli operai”. Ed è li dove io lo incontro e rimango incantato dal suo lavoro. Le foto di Gabriele Basilico per me furono “pazzesche”. Come in maniera magica Escher ci prende in giro e ci stupisce nei sui percorsi alla Mobius, così Gabriele Basilico mi fece scoprire una città che abitavo ma non guardavo e il suo lavoro mi restò impresso in maniera indelebile. In un bianco e nero essenziale, tramite una percezione personale che lo contraddistingue e ne rende ogni inquadratura una visione esclusiva alla maniera di un alchimista della realtà che prende il piombo e lo tramuta in oro, lui vide Mestre e la rappresentò sia con critica che con grazia, quasi a far emergere una bellezza che risiede nei dettagli ma si perde nel contesto. Non a caso la manovra chirurgica delle inquadrature, intese a non includere ciò che disturba ma custodisce solo ciò che può esserne esaltato, permettono a chi fruisce delle immagini di restare stupito difronte a manufatti fino al momento prima anonimi o addirittura mai scorti.

Il progetto fotografico di Evolutio Visio
Per ciò che invece mi riguarda personalmente,parto dalla considerazione che nell’affrontare la professione di fotografo, spesso i temi e le necessità di adempiere bene ad una commissione, inducono ad esplorare tutte le possibili difficoltà e a trovarne una soluzione adeguata. Solo dopo un duro apprendistato e molte esperienze negative si può creare una visione propria. Pertanto come disse Lewis Baltz “Analogamente ad altri sistemi, anche le strategie artistiche offrono più informazioni riguardo a se stesse nei momenti di disfunzione rispetto a quando procedono senza intoppi”. Ne consegue che nel procedere della crescita professionale si acquisisce una sensibilità propria ed una capacità di giudizio dovuta ai confronti, li indico così in maniera riduttiva, continui che non hanno niente a che vedere con un giudizio che può invece avere la massa di un pubblico non addetto. Dico ciò perché quando intrapresi nel 2011 l’inizio di questo progetto ero reduce da vari tentativi di visione fotografica su Mestre, che pensavo potessero essere sufficientemente apprezzabili ma alla fine, non lo erano mai. Solo con l’introduzione dell’uso di una macchina tecnica cominciai a capire come esprimere la mia visione adeguatamente. Nello sviluppo del progetto in questi anni, inoltre, il confronto con la visione di Gabriele Basilico, mi ha più volte interdetto e instillato il dubbio sulla prosecuzione del lavoro, vista la qualità e la indiscutibile saggezza dello sguardo dell’autore, ma dopotutto certe idee sono dure a morire. La mia poi verteva sul fatto che mi sarebbe piaciuto poter rivedere la mia città a distanza dalla sua analisi e capirne le evoluzioni o le possibili, quasi certe, involuzioni. Mano a mano che il tempo si svolgeva, il mio modus operandi si è affinato ed i risultati divenivano finalmente apprezzabili. Ed ecco che in questo ultimo anno il progetto in toto prendeva una forma propria e poteva esserne apprezzato per completezza e rigorosità. In un incontro con Giovanna Calvenzi, moglie del defunto fotografo, le parole emerse sul progetto sono proprio quelle di “completezza e rigorosità”. In un confronto con i docenti dell’Università di Architettura di Venezia invece sono emersi i temi di importanza del progetto al fine di una identificazione che permetta alla città di discostarsi dal termine “non luogo”. Insomma un insieme di 57 immagini di largo formato che sia in bianco e nero sia a colori dovranno permettere di esaminare lo sviluppo urbano di Mestre dopo 15 anni dall’esame del famoso fotografo.

Evolutio Visio
Il titolo del progetto incarna, assimila, una molteplicità di interpretazioni. Per quanto i termini latini siano inequivocabili, a seconda della visione mi piacerebbe sperare che le risultanze possano cambiare. Evolutio nel termine latino sottintende un atto, che non ha niente a che vedere con la logica Darwiniana in se, ma include invece il gesto di svolgere un volume od un plico. Io lo ho sostituito con il gesto, o meglio con quello che è l’atto fotografico. Nella Visio, invece, viene inteso il punto di vista od il concetto, che ritengo sia la base di ogni singolo progetto, la partenza da un concetto.… Assieme possono dare l’idea di essere probabili genitori di una evoluzione sia della maniera di guardare sia della possibile maniera di vivere o progredire nella città. In questo titolo si concentra tutto il progetto fotografico e la spiegazione che si può avere su di esso, lasciando neutro ogni ragionamento in loco e tuttalpiù rimandarlo a posteriori se vi è necessità di esso.

Tutte le foto sono di © Andreas Ikonomu 2015

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SI Fest Savignano sul Rubicone

L’appuntamento con Savignano Immagini è uno di quelli a cui un buon appassionato di fotografia non può rinunciare. Vista la densità di mostre presenti e di personale addetto ai lavori.

Sono partito da Mestre, ed in un paio di ore il paese di Savignano sul Rubicone mi ha ben accolto con un bel sole, che poi comunque nella giornata avrebbe lasciato a tratti il palco per lasciare il posto ad un a pioggerellina leggera ma non fastidiosa.Tutto il paese è organizzato per contenere in questi tre giorni un insieme di iniziative di tutto rispetto: esposizioni, incontri, dibattiti, letture portfoli, insomma un concentrato di attività fotografica.

Devo dire che le mostre che ho visitato erano molto belle ma alcune erano sicuramente di un livello qualitativo enorme. Mi riferisco, ma forse qui sono un po di parte, al lavoro di Gabriele Basilico sull’Iran 1970, lavoro giovanile ma con tratti di maturità enormi. Questo a confermare le doti ed il talento del giovane fotografo che sarebbe diventato un riferimento per molti pochi anni dopo. Il corpo lavoro rieditato dalla moglie Giovanna Calvenzi e diventato un libro e fà scoprire con stupore dopo 45 anni questi scatti taciuti.

La sezione dedicata invece a Mike Brodie intitolata “A period of a juvenile prosperity” mi ha letteralmente fatto sobbalzare. Quando si dice talento, visione, fotografia, tutto questo viene riassunto in un ragazzo di diciassette anni che si sposta con i treni in una terra sconfinata come quella tra l’Arizona e la Florida per andare a trovare i propri amici. E intanto fotografa. E’ l’unico caso che posso appurare di un fotografo che ha talento anche senza esserne conscio, e non come supposto dalla totalità delle giovani leve che si affacciano alla fotografia. Tanto è vero che nel suo lavoro si respira questa mancanza di presuntuosità e viene confermato dal fatto che, scoperto e diventato un apprezzato fotografo dai media americani, ed emulato da centinaia di aspiranti nei toni ma non nelle intenzioni, lui abbia deciso di continuare a fare il meccanico e non altro.

Molto bello il lavoro di Martina Bacigalupo e come al solito le foto oniriche di Paolo Ventura che raccoglie le sequenze di Douane Michals e ne trae una visione personale. Anche tutti gli altri autori sono sicuramente interessanti, ma nell’insieme questi mi hanno raggiunto particolarmente. Alla fine, in questa kermesse, ho anche incontrato vecchi amici ed è nata l’occasione per bere assieme un havana-cola alle 3 del pomeriggio mentre qualcuno si fumava beatamente un sigaro ed il tutto è diventato un bel momento di rilassamento e di piacevole dialogo.

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Steve McCurry, From this hands Venezia Arsenale

date » 17-10-2016 23:06

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tags » Arsenale, fabio novembre, fotografica, from, hands, lavazza, mostra, steve mccurry, this, Venezia, Venice On Set 29 2015,

Steve McCurry
From this hands: A journey along the coffee trail
Venezia, Arsenale, Tesa 113
dal 23 Settembre all’8 Novembre


Venezia alla mattina presto con la bora chiara che spazza le nubi.
La via delle Fondamenta Nove, praticamente nessuno intorno. Ho deciso .. vado a piedi …

Due giapponesi si fermano, continuativamente, a fotografarsi. Ma i capelli coprono ogni volta i volti. Riprovano. E ancora …
Seguo tutto il percorso delle fondamenta (arriverò tra un oretta), sono esposto a nord-est …. tira forte questa bora. Chissà com’è il mare fuori?
Vedo le ochette in tutta la laguna, chissà com’è al largo? (mi ripeto). I vaporetti vengono letteralmente spinti dal vento.
Ho trovato la Callas che mi salutava. Ma poi mi sono accorto che salutava anche altri. Tutti. Flighty….
Venezia di mattina col sole basso delle 8, in questo settembre, è onirica.
Ombre lunghe da est che cozzano contro i muri rossi delle case di Canareggio.
Di fronte a me San Michele e Murano splendono, con il contrasto di un cielo terso, che mi fà vedere le Prealpi friulane, da Piancavallo in poi. Mi pare che siano qui. Le posso toccare … no … lascia perdere.
Devo chiudermi la giacca… e anche il bavero, il vento mi infastidisce il collo.
Tra le case abbandonate in riva, cresce ogni tipo di erbaggio … è curioso … ma non per la fondamenta, per la via, spazzata dal salso, ma sulle pareti, in alto, dove l’acqua piovana arriva… strategie di sopravvivenza floreali.
Passo in fianco all’ospedale, rampe, tecnologia, organizzazione, dopo un minuto di cammino, il cenciaiolo, lui si scusa, ma si chiama “straseta” (straccetto). Ci Convive? Contrasto di luce, contrasto di vita.
Passo dentro, al riparo, sono arrivato a Castello, almeno per un po … non prendo il vento in faccia. Il sole passa tra i pertugi delle case e dei campielli. Le ombre lunghe tornano a salutarmi e la luce dorata rimbalza su ogni cosa.
Ma devo ri-uscire, all’aperto, per superare l’Arsenale … e farmi la passerella, rivedo Murano, da qui è proprio bella.
Dai … ecco l’entrata, Il Thetis è proprio nascosto, faccio fatica a trovare dove hanno allestito la mostra.
Poi la trovo e finalmente posso vedere l’esposizione.

L’enorme struttura è riempita da tanti libri enormi, che aperti, al posto delle pagine, hanno ognuno due foto di Steve McCurry retroilluminate. L’installazione è stata curata da Fabio Novembre e non c’è niente da dire sulla scenicità di tutto l’impianto. D’altra parte, lui, è uno dei talenti italiani più riconosciuti. Una musica pervade l’aria, stile “il Gladiatore”. E’ molto marcato l’aspetto epico del tutto … a me un po stomaca …
A quanto pare la Lavazza non ha badato a spese.
Di sicuro le foto sono belle, curate, colorate, come d’uso del famoso fotografo.
Ma ogni foto mi racconta di una cura enorme, eccessiva, nell’uso della luce … ambiente … più sapienti flash .. schiarite … qualche volta con ritocchi anche eccessivi in postprod, che mentre in certi ritratti emergono anche le porosità della pelle, in altre spariscono a mò di modella plasticata.
Di sicuro un lavoro enorme, ma che non mi sento di elogiare, chiaramente sempre in maniera del tutto personale. Mia opinione personale. Solo personale.
Piacerà sicuramente a molti … a me non troppo.

Dopo un po esco, eravamo in due a guardare la mostra. Forse per via del fatto che è mattina ….
Torno ai Bacini … questo giro torno con il vaporetto, una mezz’oretta di viaggio e sarò di nuovo a piazzale Roma.
Mi siedo e mi assaporo il rientro, mentre l’acqua della laguna gioca animosamente con il vento ed il finestrino.
Due ragazzi inglesi sorridono e mi domandano informazioni. Mi sà che stanno rientrando in patria, guardano tutto estasiati. Sono felici, catturano gli ultimi istanti …. Devono essersi appena sposati. Sono sempre appiccicati. Si .. secondo me .. si sono sposati da poco….
Belli.

Dopotutto … ho fatto una bella camminata … si … Venezia vale sempre la pena …

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Organizzare uno shooting fotografico





Shooting backstage – Organizzare uno shooting fotografico

Case History – Meggreen

Visto che a molti di voi è piaciuta l’immagine di copertina dello shooting Meggreen, vi allego il video di backstage che abbiamo realizzato per descrivere il lavoro.

Produrre uno scatto come quello, richiede una fase di preparazione ampia. Infatti una bella immagine non arriva mai per caso. Con Endea (Fabrizio Penso e Federica Baldo) , partner nello shooting e committente, abbiamo proceduto cosi:

1) In alcune riunioni abbiamo analizzato la ricerca iconografica che aveva prodotto Endea, e stabilito una immagine di massima che aveva a sua volta interessato il cliente finale.
2) Per il sottoscritto è iniziata la fase organizzativa in cui contatti telefonici con modelle e truccatrici, nonchè assistenti e operatori video hanno scremato i collaboratori che avrebbero dovuto partecipare allo shooting.
3) Definito il giorno con ampio margine in coordinata con il cliente abbiamo predisposto quando allestire il mio studio per rifinirlo con il parquet che produce Meggreen e che sarebbe stato utilizzato come sfondo. Concomitantemente con l’operatore video (Chiara Segatel) abbiamo gestito la parte di Time-Lapse dell’allestimento che apre il corto, (CANON 5d MARK II tethered con MacBookPro e DPP Canon)
4) Il giorno successivo all’allestimento, studiato e definito il tipo di luce che dovevamo utilizzare, ho optato per lavorare con il mio equipaggiamento Elichrome cercando di ammorbidire molto le alte luci.
5) Ho deciso di scattare con la mia Hasselblad H2 con dorso Phase One P30 tethered con MacBook Pro e Capture One 7 in maniera da verificare immediatamente le immagini prodotte.

A fronte del layout che avevamo stabilito con Endea, un po alla volta abbiamo cambiato e da una piccola intuizione ho ricercato il “lancio” del velo in maniera di creare quel movimento dinamico che potesse catturare di più l’attenzione in orizzontale.

Dopo numerosi tentativi abbiamo consolidato tempi ed movimenti e devo ringraziare molto la modella (Elena Bittante) per la bravura e la professionalità che ha dimostrato.

Il cliente ha apprezzato molto tutto il lavoro e l’organizzazione non ha fatto una pecca, tanto che ha commissionato un ulteriore serie di scatti per completare il già ricco catalogo che è venuto alla luce dopo un intenso lavoro di grafica e composizione da parte di Endea.

Al lavoro hanno partecipato anche :
Elisa Pitteri come Make-up Artist
Dora Vergombello come assistente di studio
Flavio Bullo come Designer creatore del prodotto e referente per il cliente.

Alla fine di tutto ulteriori due giornate sono andate via per il montaggio del video, che comunque a me pare riuscito molto bene.. Ah! Abbiamo girato il tutto con due Canon 5D Mark II.



La Storia del Jazz, Stevie Biondi

date » 17-10-2016 23:24

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tags » Ai Due Portoni, Emotional Jazz Live, Jazz, Live, Mestre, Musica, Stevie Biondi, Storia,

Rassegna “Emotional JAZZ Live”
Ai due Portoni, Mestre, 29 marzo 2014


Eccomi di nuovo a raccontare l’ultima serata del ciclo “EMOTIONAL JAZZ LIVE” che questa volta ha avuto come tema la “STORIA DEL JAZZ“. Obiettivo ambizioso per riassumere, tramite canzoni da inizio 900 ai giorni nostri, uno dei maggiori stili musicali. Anfitirione della serata è stato STEVIE BIONDI fratello del più famoso MARIO. Stevie, ha intrapreso un percorso didattico che partendo dal Dixieland è passato attraverso lo Swing, il Bebop, l’Hard Bop, il Cool Jazz, la Bossa Nova, il Jazz Modale, il Soul Jazz ed il Free arrivando al Jazz Rock, lo Smooth e le nuove forme chiamate Acid Jazz o Nu Jazz. Tutto questo affrontando brani impegnativissimi e dando prova di una tecnica canora talentuosa e di ampia escursione. Imitando e divertendo il pubblico con una bellissima “What a wonderfoul world” di Luis Armstrong, Stevie si è dilettato nello scat singing e all’incalzare di “I just waana stop” di Gino Vannelli ha coinvolto emotivamente il pubblico. Il gruppo che lo ha sostenuto ha oltremodo espresso grande bravura esaltando brani come “Cantaloupe Island” di Herbie Hancock e devo dire che mi è piaciuta “My funny Valentine” alla quale sono particolarmente legato, interpretata magistralmente dal dotato crooner. Mi spiace solo un po che non si sia ascoltato qualcosa di Cole Porter (grandissimo esempio di composizione in questo panorama) ma mi aspetto che Stevie ci pensi per la prossima volta.

A conti fatti una bellissima serata che ha lasciato tutti soddisfatti e carichi. Il mio solito ringraziamento all’organizzazione di Sara Battistella che ha fatto in maniera che tutto viaggiasse alla perfezione. Grazie anche “Ai due portoni” per l’ospitalità data a questa rassegna.

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Genesi di Sebastiao Salgado, Casa dei Tre Oci

date » 17-10-2016 23:18

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tags » Genesi, Giudecca, Mostre Fotografiche, Salgado, Tre Oci,

Giudecca (Venezia)
Sono stato a vedere la mostra di Sebastiao Sagado, alla Giudecca, nell’unica giornata di sole che questo periodo ci ha dato. La mostra , come annunciato alla presentazione del 29 gennaio che ho postato sul mio blog (per chi volesse leggerlo, lo trova qui Anteprima Genesi con tutte le considerazione dell’autore ), è imponente per quantità di materiale esposto. Se poi si tiene conto che non è tutto il suo intero lavoro, ma solo una parte, si rimane affascinati dalla vastità di questo progetto.
Salgado Genesi Casa dei Tre oci

Ogni fotografia è, neanche a dirlo, spettacolare! La mostra si sviluppa per tutti i tre piani della casa, divisa per le varie sezioni (Africa, Terre del Nord, Asia, etc.). Presumo siano attorno alle 130/140 foto.

Il bianco e nero di Salgado non fà certamente rimpiangere i colori, e la maestosità dei territori ripresi è riportata in maniera molto fedele e rende l’idea. Di sicuro lo spettatore non rimane impassibile di fronte a queste fotografie. Tutte colpiscono e si fanno guardare.

Unica cosa che mi è saltata all’occhio è un eccesso di postproduzione in certe foto, che, già difficili di loro, probabilmente hanno messo alla prova il team di stampa. Nel complesso è sicuramente una mostra che consiglio a tutti e nel contempo io andrò anche a vedere la mostra collegata di Franco Fontana, che poi vi riferirò. A proposito ricordate che potete fare il biglietto cumulativo per le due mostre assieme.. consiglio a tutti!!

Qui trovate il link alla pagina ufficiale della mostra che, vi rammento, è aperta fino al 5 di maggio: Link ufficiale mostra. E se vi capita di trovare una giornata di sole, niente vi vieta poi di sedervi a gustare uno degli spettacoli più belli al mondo, nel baretto in fianco alla mostra.

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Una Serata con Toni Thorimbert

date » 07-09-2016 19:07

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tags » Toni Thorimbert, Milano, Workshop, Fotografia, One Shot,

05/12/2013
Milano - Parlare di Toni Thorimbert nel mio blog, è sicuramente riduttivo. basti pensare alle sue amicizie con Giovanni Gastel, Settimio Benedusi o Gabriele Basilico, e la sua trentennale esperienza di ritrattistica e moda. E' un fotografo di riferimento a Milano ed è un personaggio veramente eclettico. E' presente in tutte le riviste di moda con i suoi scatti (gran parte delle copertine di "IO Donna" sono sue) ed in quelle del settore motociclistico. Ha ritratto gran parte degli attori e dei musicisti italiani ed esteri. Il suo workshop "One Shot" è stata un esperienza vivace ed intensa. Un viaggio di poche ore dentro se stessi ed al significato che diamo ad un solo scatto fatto in una serata. Devo dire che ho ritrovato, come in altre occasioni d'incontro con fotografi importanti, primo fra tutti Kratochvil, il concetto "out of comfort zone".... cosa che dovrebbe essere insita in ogni scatto portato a casa. Che dire ... intanto Grazie Toni! Se sono fiori .... sono fiori! :-D
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