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Lo Sguardo e l' Ombelico 25 marzo 2017 Massimo Siragusa


Lo Sguardo e l'Ombelico - 25 marzo 2017

Centro Culturale Candiani - Mestre Venezia

Massimo Siragusa






“State of the art” si direbbe in inglese, “lo stato dell’arte della fotografia di territorio” invece mi ha suggerito un collega fotografo, architetto, nonché autore (vista la presenza dei suoi lavori fotografici alla Biennale di Architettura di Venezia del 2014).
Così mi ha salutato ed è esordito, alla fine dell’incontro con Massimo Siragusa, tenuto ieri al Centro Culturale Candiani, mi è parso più che giusto e ho condiviso il complimento.




Un grande autore, che un nutrito gruppo di amici fotografi stava aspettando con impazienza, poiché tutti interessati alla fotografia di territorio, di architettura, di interni.
Una mole di lavoro imponente che Massimo Siragusa ci ha raggruppato in due sequenze eloquenti, una sul lavoro “Teatro d’Italia” diventato un libro nel 2012 edito da Contrasto, l’altra su “Lo Spazio Condiviso” lavoro di indagine sui circoli d’Italia, che riflette le mille anime e i mille caratteri di questi spazi di aggregazione.
Una fotografia lenta e ragionata, molto precisa e basata su inquadrature rigorose e ferree, che tradiscono la passione per la scuola di Dusseldorf e la reinterpretano in una chiave prettamente mediterranea.

Esperienza e piccoli aneddoti, in un paio di ore volate così ad ammirare una fotografia delicata e precisa che può invece mutare con progetti nuovi e più aggressivi come quello sulle periferie di Roma.
Massimo Siragusa ci ha lasciato sicuramente dei germogli che non mancheranno di fiorire, tenendo conto di alcune regole ben precise nella fotografia, (che ci hanno anche consegnato gli autori precedenti), studio, impegno, rigore di applicazione e progetto … perché la fotografia è una cosa importante.






Tutti i testi e le foto sono protette da copyright.
E' vietato ogni utilizzo o riproduzione anche parziale non espressamente autorizzato dall'autore.
Giovanni Cecchinato Fotografo - All rights reserved - © 2017

Lo Sguardo e l' Ombelico 04 marzo 2017

Lo Sguardo e l'Ombelico - 04 marzo 2017

Centro Culturale Candiani - Mestre Venezia

Settimio Benedusi




La Fotografia è una cosa importante

Settimio è un fotografo molto conosciuto, e non ha bisogno di grandi presentazioni. Come per tutti gli ospiti della manifestazione “Lo Sguardo e l’Ombelico” è sufficiente dare un occhio ai loro lavori, nei loro siti, per capire la portata del loro “sguardo”.
E’ partito nella sua esposizione portando veramente poche fotografie, ma relazionandosi molto con il pubblico e sulla base di slide, con frasi di appoggio, ha tessuto un discorso di due ore catalizzando l’attenzione dei presenti e inoltrandoli sui concetti cardine della (mi si permetta il termine) “mala education” fotografica odierna.

Ci ha riassunto per macro frasi, dei temi che devono far poggiare il nostro pensiero fotografico e da li, fargli prendere dei nuovi percorsi, lasciando a casa le cattive abitudini acquisite.



Li elenco, perchè …

La fotografia è una cosa importante

Moderate l’ego

Rischiate sempre

Rinunciate al consenso

Mettetevi in gioco

Domandatevi il perchè

Bisogna conoscere ciò che si fotografa: studiate!

Mangiate buon cibo, leggete buoni libri, guardate buoni film, ammirate buona arte

Eliminate il superfluo

Salite sulle spalle dei giganti per vedere più lontano

La fotografia è un linguaggio: raccontate storie

Realizzate qualcosa che vostra madre disprezzerebbe

Più grande è la firma sulle vostre foto più fà cagare: non mettetela

Guadagnateci qualcosa

Cercatevi un committente: vi renderà più liberi

Realizzate brutte fotografie



Potrebbero essere cose banali dette così, ma non lo sono, e tra di loro un sottile legame c'è.
Potrei anche osservare che forse queste sono le considerazioni che accomunano tanti veri fotografi, e se penso agli incontri avvenuti fino ad ora e a quelli che seguiranno, sono certo che abbiamo trovato e troveremo questi assunti anche nel pensiero degli altri ospiti della manifestazione.
Comunque, durante questa esposizione, Settimio non ha mancato di scherzare con il pubblico, provocare, e creare una sorta di satirica consapevolezza sugli atteggiamenti paradossali di gran parte dei ph. (così si definiscono) attuali, mi riferisco a coloro che amano definirsi fotografi a priori, pur essendo fotoamatori a tutti gli effetti (le parole sono importanti, diceva Moretti).



Settimio non ha mancato di rendere tutto il pubblico partecipe in un suo video pubblicato su Instagram a questo indirizzo.

Alla fine abbiamo sempre molto da imparare, tutti … e anche se l’approccio da fotografo provocatore, e dirò di più "intrattenitore" a tutti gli effetti, può "catalogarlo" facilmente, a detta di molti suoi detrattori, quando abbiamo anche mangiato qualcosa assieme, sono emerse le parti private di un Settimio fatto di sogni, idee, cultura, attenzioni, e passione per la fotografia che lo accomunano ad altri bravi Fotografi che ho conosciuto. Cose che ai "ph." mancano.



Non resta che ringraziare Settimio Benedusi per aver accettato il nostro invito, il Centro Culturale Candiani per averci ospitato e PhotoMarket Video di Mestre per averci fatto da sponsor.

Da parte di quelli che amano la fotografia (e mi pare che siamo in parecchi) ... GRAZIE!




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Giovanni Cecchinato Fotografo - All rights reserved - © 2017

Les Rencontres de la photographie, Arles

date » 07-09-2016 22:03

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tags » Arles, Rencontres, Fotografia, Mostre, Incontri, Storie,

47ˆ Edizione - Settimana di apertura dal 4 al 10 luglio 2016
Dopo circa 8 ore di guida, arrivo ad Arles, una cittadina appena al di sopra di Marsiglia, posizionata a Nord solo a pochi chilometri dalla foce del Rodano. Arles è il più grande comune della Francia, con un territorio superiore a quello di Parigi. I monumenti più importanti, però, sono a pochi passi l'uno dell'altro, nel centro storico di questa bella cittadina che vivacchia placida sulle sponde del Rodano. Ha un passato glorioso, di cui conserva l'Arena e il Teatro Romano, a cui bisogna aggiungere il portale e il chiostro della Chiesa di St. Trophime, tutti entrati a far parte del Patrimonio mondiale dell'Umanità tutelato dall'Unesco. Arles è punto di passaggio obbligato durante una visita in Provenza, soprattutto per chi vuole visitare la Camargue.

Quando arrivo il cielo è terso e spira sempre una brezza da nordovest che rinfresca la calura e la rende secca. Così, tramite il presidente del Fotoclub Padova, al quale mi sono aggregato, in maniera metodica ed organizzata mi sono preparato a questa mia prima visita a "Les Rencontres de la Photographie".

Qui vi metterò alcuni scatti ed alcune considerazioni



Già la prima mostra mi colpisce ed affascina, "La perfetta imperfezione", (una collettiva ... parliamone ... uno degli artisti è Joan Fontcuberta) un esempio a dir poco lampante sul concetto di fotografia d'arte. Spesso se ne discute in maniera anche fin troppo ampia. Ma il succo rimane che la fotografia artistica è il mezzo con cui un artista contemporaneo si esprime, cioè la fotografia diventa un mezzo, non l'origine, non viene da un "fotografo" e prioritariamente campeggia il concetto o ancor di più il progetto di comunicazione ed il suo relativo linguaggio. Per cui se vedi foto come queste e ti viene il classico "ma che che foto sono?" "non capisco.. ma che c...o di foto!", ecco, ... passa oltre che và bene ...



Don Mc Cullin, non ha bisogno di presentazioni, una bellissima antologia dei suoi più famosi lavori in una delle location centrali. Mostra bellissima, dove peraltro si ha l'occasione di vedere com'era Palmira, prima di venire distrutta dai talebani. Dai suoi primi lavori alle ultime riflessioni sui paesaggi. Qui un accostamento a Salgado viene ovvio, anche lui distrutto interiormente dalle visioni delle guerre torna a sublimare la bellezza della terra ... per cucire e guarire le sue cicatrici dell'anima ... come il fotografo brasiliano ... però con meno ... meno pubblicità.



Ad Arles ogni muro è buono per diventare una piccola esposizione, rimandi, appuntamenti, feste, vernici, di tutto... tanti giovani artisti non selezionati appendono le loro foto sui muri.. una maniera a basso budget per far vedere i propri lavori.



Uno dei punti di ritrovo principali della cittadina è la piazza Du Forum, dove tutti i ristorantini in queste settimane lavorano senza sosta. Un punto dove ti puoi ritrovare a mangiare a fianco di qualche celebrità del mondo fotografico che mangia la tua stessa paella. Lì si danno appuntamento tutti e nel caos generale la vita della cittadina diventa una specie di movida fotografica.



Oltre alle esposizioni ufficiali, un centinaio di altre location vengono adibite ad esposizioni. Così ti può capitare di entrare in un garage fino a poco tempo prima abbandonato, che invece ospita i giovani emergenti della fotografia europea. (sic! .... e che foto!)



Interessante lo Yakusima Photography Festival che porta i suoi migliori lavori ad Arles. In uno bello spazio le fotografie giapponesi emergono in tutto il loro minimalismo, e con la solita armonia insita dei loro paesaggi. Sperimentazione di alcuni, documentazione di altri. Anche le modalità di esporre diventano gioco visivo.





In una cittadina che mi ha sorpreso, per la mitezza del clima, e l'aspetto, un po fatiscente degli edifici, non poteva mancare un aspetto turistico che però, pare appassioni tantissimo i camarguesi. La "Course Camarguaise", una sorta di scontro con il toro, che (per fortuna) non viene ucciso ma solo affrontato da un gruppo di corridori che devono sfilare una marca dalle corna dell'animale, di corsa ... tenendo conto che l'animale spesso rincorre ferocemente chi gli si avvicina. E le incornate sono frequenti .... (... non rompete le balle al cavaliere nero!!)





Qualche aspetto serale degli incontri che si protraggono fino a tarda sera.



Les Ateliers, uno spazio enorme dove gran parte delle esposizioni si concentra. Un vecchia zona industriale riconvertita, bellissima, dove a fianco la grande archistar Frank Gehry, sta realizzando una zona di esposizione veramente futuristica.



La lettura dei portfoli avviene in varie parti della città. Centinaia di giovani si avvicendano per sottoporre ai "guru" i loro lavori. Ad ognuno sono concessi 20min, qualche settimana prima dell'apertura della manifestazione tutti i lettori erano "sold out" ... ma quanta fotografi ci sono?



Il Maestro Ferdinando Scianna ad Arles per una sua esposizione in una delle gallerie del centro.



A pochi chilometri da Arles, il mediterraneo lambisce Les Saintes Maries de la Mer ... un piccolo ma carinissimo paese, vale la pena trascorrere qualche ora.





Una delle mostre che più mi hanno colpito, quella di Eamonn Doyle "END". Grandi fotografie di gente e posti di Dublino, portano a ragionare su degli elementi di decadenza del genere umano. Un europa anziana, spenta, preoccupata, la parte giovane senza futuro, schiavizzata dai mass media. Un lavoro enorme e grandioso, in termini fisici proprio. Alcune foto erano grandi come i muri che circondavano lo spazio espositivo. Coinvolgente.

Esponevano inoltre, Michael Ackerman, Andres Serrano, Maurizio Cattelan & Pierpaolo Ferrari, William Klein, Yann Gross, Bernard Plossu, Sid Grossman, Ethan Levitas / Garry Winogrand e tantissimi altri. Le mostre rimarranno aperte fino al 25 settembre 2016. Qui il sito ufficiale. Les Rencontres

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Università IUAV Venezia. Incontro con gli studenti

date » 08-09-2016 04:54

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tags » architettura, Evolutio Visio, fotografia, fotografia architettura, Gabriele Basilico, IUAV, Venezia,


Venezia
Evolutio Visio

- - -
Forse mi ripeto, ma non è mai stato facile per me esporre adeguatamente i miei concetti fotografici e parlare dei miei progetti.

Figuriamoci in un ateneo importante come l'Università IUAV di Venezia.

Forse una delle più importanti facoltà di Architettura in Italia.

Fatto sta, che una docente che ha avuto modo di vedere una delle mie esposizioni di "Evolutio Visio", mi ha invitato a discutere e a presentare il mio progetto ad uno dei corsi del primo anno di formazione.

Mi ha incuriosito, stimolato e mi è piaciuto parlare della mia fotografia e del mio modo di avviare un progetto fotografico.

Ed è stata un occasione per ribadire il ruolo importante della fotografia in questo contesto.

E' stata occasione per parlare e far conoscere il lavoro di Gabriele Basilico ad una platea di giovani che non avevano mai avuto modo di conoscerlo (per me pietra angolare della fotografia italiana).

Insomma, un grande piacere nonché onore.

Grazie di cuore alla prof. Claudia Faraone e all'amico Alessandro Angeli che si è preso la briga di fare qualche bello scatto.

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Evolutio Visio Piacenza Galleria Biffi Arte


Sulle orme di Gabriele Basilico
Piacenza
Galleria Biffi Arte, Via Chiapponi 39
Dal 6 di febbraio 2016 al 6 di marzo 2016

Foto di Giovanni Cecchinato

E’ partito il terzo step espositivo di “Evolutio Visio” a Piacenza. Ultima tappa designata dell’esposizione. Una serata importante dove confrontarsi con le impressioni degli abitanti di Piacenza e le sensazioni che ne derivano da questo progetto su Mestre. Ha suscitato interesse e colpito come la mostra si sia adattata allo spazio espositivo dopo essere stata esposta anche al Centro Culturale Candiani e all’Università IUAV di Venezia. Artista ospitato in concomitanza, Marco Ramasso con le tele del suo progetto Presenze.
La mostra resterà aperta fino al 6 di marzo 2016.

Qui la pagina Facebook e qui il sito web della galleria Biffi Arte.

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Fotografia Architettura, “Flash Urbani” uno scritto di Gianfranco Vecchiato


“Flash Urbani” uno scritto di Gianfranco Vecchiato su Evolutio Visio la mostra fotografica di Giovanni Cecchinato

La prima immagine fotografica fissata su lastra fu quella di una Architettura. Anno 1826, autore Joseph Niépce. Una incisione su lastra di peltro utilizzando “bitume di Giudea” su cui si fissò un paesaggio che Niépce vedeva dalla sua terrazza. Qualche anno prima (1810) Johann Wolfgang von Goethe pubblicò le sue ricerche sulla Teoria dei colori, e questo mescolarsi culturale fra studi di Letteratura e Scienza, fecero dire a Goethe che quest’ultima proveniva dalla Poesia. Una simbiosi che plasmò il carattere anche di una nuova forma d’Arte, quella fotografica che per il compositore Arrigo Boito “ nacque da un raggio di luce e da un veleno” . Boito colse nelle fotografie gli elementi estremi della vita e della morte, fissati dal tempo che li delimita e che si aprono allo stupore verso un’altra dimensione. L’istante che veniva fermato dall’immagine non sarebbe stato mai più lo stesso. Da allora la tecnica e la scienza sono progredite in ogni campo ma lo scatto fotografico è determinato dalla decisione di ogni autore di estrarre un immagine da uno specifico contesto con il proprio apporto di differenza espressiva, cromatica, emotiva, sensoriale. Tutti elementi importanti anche nella moderna psicanalisi come mezzo di indagine e di confronto. Ogni luogo rivela sempre, ad una attenta indagine, pregi e virtù, limiti culturali, sfruttamenti economici, disequilibri e qualità. Ed è così che nel campo dell’urbanistica e dell’architettura, un edificio si conquista il suo spazio vitale e che entra nel sistema di relazioni urbane ed ambientali. “Parla” della nostra presenza con modi che si possono leggere da una fotografia. Si può fare una diagnosi, senza la confusione dell’insieme di cui fanno parte, così come guardando una persona se ne può intuire la sofferenza o la gioia.

Il fotografo Giovanni Cecchinato , Autore dei fotogrammi che hanno come soggetto identitario Mestre, ha realizzato in passato un cortometraggio, “Quieto Mare” insieme ad un libro “L’Equazione Possibile” per l’AVAPO, una Associazione di volontariato che si occupa dell’assistenza ai pazienti oncologici nel territorio mestrino.

Questa esperienza lo ha posto davanti alla “nudità” dei sentimenti essenziali. Da cui ne deriva una sorta di scelta anche nel fissare immagini di architetture e paesaggi urbani di Mestre, privi di persone. Il tutto pone degli interrogativi, portando i soggetti materiali ad interrogarsi continuamente “sull’immateriale”. James Hillman (1926/2011), psicanalista junghiano e filosofo americano che dedicò molti studi ai rapporti fra l’Uomo e l’Ambiente, nel saggio “Politica della Bellezza” osservò come molti traumi emotivi fossero dovuti alla incapacità di trasformare le realtà che attraversiamo. Il nostro pensiero sociale sul futuro e la capacità di conservare con le forme il nostro passato, trasformano continuamente in “visioni evolutive” un processo sul quale si manifestano traumi complessi per la cui terapia, Hillman, suggeriva di generare forme d’Arte. “Ciò che appare perduto per le Arti, è proprio quello di cui lo psicologo si occupa: l’Anima.”

Se nella Pittura Metafisica di Giorgio De Chirico l’assenza dell’Uomo si traduce in un archetipo geometrico, nei nostri spazi urbani, il vuoto tormenta un ottundimento psichico tra le relazioni personali. L’elemento estetico come fattore di creatività richiede sempre forme di azione politica. Nell’estetica si trova la parte inconscia della nostra cultura dove il concetto di “bellezza” è entrato in crisi quando è stato ignorato, omesso o considerato secondario rispetto al suo valore economico di mercato. Queste fotografie mostrano una parte della evoluzione edilizia di Mestre; sono frammenti singoli di un racconto complesso e tormentato, per diversi aspetti mai interamente rivelato. Gli abitanti sono dentro o fuori le mura edilizie con le espressioni dell’Anima cercate nei colori, sulle strade e nei giardini, nelle case e tra le ville, che furono. Prima di tutto quello che si vede c’era una diversa identità scomparsa con le demolizioni. Nuove fissità rimandano ad un tempo oggi rigenerato e sostituito, in un processo che non si è ancora fermato, dopo aver arato il campo urbano sottraendogli gran parte delle sue radici . Queste fotografie se paiono rivelare ed accentuare una sensazione di “solitudine”, fanno anche emergere identità tutt’altro che banali. Quando il campo visivo si allarga, il vestito di “modernità” edilizia rivela le sue fragilità, tra edifici incompiuti, altri che paiono “spuri” fra loro. Pensati singolarmente, interrogano una immagine sociale a volte incomprensibile. E dunque quale città rappresentano? Nel vederle si è rafforzata in me la convinzione che il primato della pianificazione urbana prevalga su quello della singola architettura. Tuttavia non sempre è così. Ci sono edifici che raccontano e indicano una Comunità che fatica a ritrovarsi nel suo centro, spaesata dai Centri Commerciali, attraversata da forme di insicurezza sociale, da progetti di riqualificazione rimasti incompiuti, pensati per generare racconti e naviganti su sparsi brani edilizi. Quelle Fotografie in bianco e nero che conservano il fascino aspro della Storia, senza la distrazione del colore, paiono rimandare alle cartoline d’epoca. Ecco gli anni ’60 con lo spingersi in altezza di edifici da via Poerio a piazza Barche, a Corso del Popolo, con il fragile certificato di “modernità” della Mestre industriale, con il caotico costruire decine di migliaia di nuovi alloggi, nuove scuole e una vivace presenza giovanile fatta di una crescente vitalità che la pone ai vertici in Italia. Il giudizio severo su ciò che si generò si interroga sul cosa avvenne senza che la Soprintendenza sollevasse alcun problema. Si entra quindi nella dimensione che lega il passato recente al presente: l’edificio a lato del Palazzo S.Lorenzo sorto nel 1961 il cui progettista fu l’Ingegner Ivanissevich; a lato della Rampa Cavalcavia c’è un’opera del 1956, con le terrazze a punta, evocazioni organiche alla F.L.Wright, dell’architetto E.Venturini. Il discusso edificio dell’architetto e pittore Urbani De Gheltoff in via G.Felisati, che si ispirava a forme plastiche con pareti che in origine erano colorate in blu, rosso e giallo. Il “Palazzo delle Generali” , per molti anni il più alto di Mestre, costruito alla fine degli anni ’60 in Corso del Popolo dall’architetto A.Scattolin. Una arteria pensata come poche, fin dagli anni ’30 come un asse moderno e con un coerente equilibrio formale lungo i suoi lati con portici e altezze uniformi. Ma il retro di quell’edilizia, che quasi mai arriva al valore di “architettura” , era casuale perché si studiava l’ornato solo sulla facciata principale. Da una operazione complessa di riqualificazione urbana ed edilizia, una parte di quel retro è stato mascherato da nuove architetture che si affacciano sul piazzale della Madonna Pellegrina, nel quartiere di Altobello. Una fotografia riprende l’edificio residenziale sorto nel 2012 progettato dall’architetto Carlo Magnani. C’è una casa restaurata, che racconta un tempo in cui era parte di un complesso industriale, quello delle Fornaci da Re ad Altobello. Fu salvata negli anni ’80 dalla demolizione per progetti di edilizia popolare e con ciò arrestando quella cultura che aveva distrutto tante memorie urbane. E’ il simbolo di una svolta culturale, ora restaurata e inserita nella rigenerazione urbana di quell’area. Su un’altro asse stradale che da periferico è divenuto essenziale, via Torino, parallelo alla ferrovia ed al Canal Salso, è in atto una grande trasformazione positiva. La strada si apre con un intervento recente che ha sostituito l’ex sede degli autobus Actv con un progetto misto commerciale, residenziale e direzionale su cui sorge un edificio dal forte carattere simbolico. Più avanti si sviluppa una sede universitaria, con alcuni edifici progettati dagli architetti Giampaolo e Giovanna Mar, che prospettano sull’edificio della Cassa di Risparmio del 1988 fatta dallo studio degli Architetti Bernasconi di Milano. Ci sono l’Hotel Laguna Palace e l’Edificio delle Poste, si innesta viale Ancona, altro asse di scorrimento, su cui si affacciano gli uffici pubblici comunali. Sul Cavalcavia l’edificio denominato Vempa non esiste più perché è in corso la costruzione di un Ostello. Anch’esso è entrato a far parte del passato. In via Giuseppe Verdi c’è un altro edificio singolare, le cui forme circolari e il vano scale inclinato portano la firma dello Studio degli architetti Giovanni Trevisan e Plinio Danieli. Poi si riconoscono un tratto di Riviera Magellano, la Galleria Barcella progettata dell’architetto Antonio Fornasiero, il “provvisorio” mercato stabile di via Fapanni, il ponte pedonale e ciclabile sospeso che collega al Parco di San Giuliano. Dai Grandi Magazzini “Le Barche” si vedono degli edifici residue testimonianze di una città che si raccoglieva tra il suo Castello, Piazza Ferretto e Piazza Barche in un mercato di scambi con Venezia attraverso il Canal Salso ed il Teatro Balbi, demolito negli anni dell’Ottocento in cui Goethe scrisse le sue teorie e si inventava la fotografia. Se è stata una città orfana Mestre, di cui Luigi Brunello descrisse i traumi nel libro “Gli anni del saccheggio”, è anche una città nuova. Una gran parte del suo territorio costruito ha meno di 50 anni. La vita ed il tempo continuano a seminare ed a costruire proposte, pensieri, confronti, in un caleidoscopio che è parte della vita quotidiana. Quando Charles Dickens visitò l’Italia a metà Ottocento descrisse da cronista luoghi che erano pieni di grandi contrasti. Edifici maestosi, simbolo e retaggio di un glorioso passato erano mescolati accanto ad una diffusa desolazione urbana. Tra questi antichi monumenti e quelle strade Egli annotò che scorreva una vita quotidiana decadente e però attiva e vivace. Nel tratteggiare i costumi popolari, le feste, le tradizioni e l’esuberanza di “uno spettacolo caotico simile ad una “lanterna magica”, Dickens ne rimase incuriosito ed affascinato . Quella energia popolare presente nella storia in formazione e sui territori è la parte del capitolo nascosto che Giovanni Cecchinato lascia alla profonda riflessione sul nostro futuro.

Gianfranco Vecchiato

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Gabriele Basilico, Ascolto il tuo cuore città

date » 12-09-2016 23:08

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tags » Ascolto, Città, fotografica, Gabriele Basilico, milano, mostra, Unicredit,

Milano, Unicredit Pavillion, dal 18 dicembre 2015 al 31 gennaio 2016.
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Ecco il primo articolo di questo 2016, basato su una delle ultima giornate del 2015.

Una bella gita a Milano a vedere la spettacolare mostra di Gabriele Basilico, “Ascolto il tuo cuore città”. Una mostra antologica a qualche anno dalla sua scomparsa. In un posto veramente bello, l’Unicredit Pavillion, nello spettacolare quartiere di Porta Nuova a Milano. Simbolo di una edificazione bella e futurista. Con una piazza che attrae visitatori forse più di tante storiche piazze italiane.

A parte il viaggio piacevole e la compagnia di due amici ed un bel sole che non vedevo da quasi un mese (visto il dominio incontrastato della nebbia in questo passato dicembre), la visita all’esposizione è stata ricca emozioni e sorprese. Una scorsa tramite i lavori più acclamati di Gabriele Basilico, che lo hanno portato ad essere un riferimento fotografico non solo per i fotografi italiani, ma anche per i fotografi stranieri.

Il titolo della mostra contiene una citazione intrinseca al lavoro di Alberto Savinio, che nel 1944 scrisse “Ascolto il tuo cuore città”, profondo ragionamento pieno di speranze per il futuro in una Milano appena uscita dai bombardamenti bellici ed in procinto di ricrearsi. Forse implicitamente un augurio che lo stesso fotografo rifà alla sua amata città, o forse un accorato e sincero sentimento di amore per questo luogo.


L’interno dell’ Unicredit Pavillion

La struttura della mostra affronta i temi principali della carriera di Gabriele Basilico, “I porti di mare” “Beirut” “Ritratti di Fabbriche” “Porta Nuova” ed altre immagini a colori famosissime di alcune megalopoli mondiali ritratte con il suo particolarissimo sentire, “Metropolis”.

Una serie di filmati che lo ritraggono giovanissimo ma già autore acclamato, riprendono i temi che lo hanno contraddistinto ed il “fine sentire dello sguardo” padre del suo “vedere lento”. Un insieme di fotografie (150) molte di grande formato, che fanno vagare lo sguardo alla scoperta di dettagli infinitesimali ma non per questo poco importanti.

In un bianco e nero strepitoso, così come nella gestione del colore sempre posato e morbido, tutta la mostra contiene una visione dell’Italia che potrebbe da sola esprimere tutta la nuova urbanità, ed il nostro habitat attuale. Una specie di riferimento enciclopedico che dovrebbe fare da pietra miliare dello sviluppo del nostro territorio. Senza escludere le visioni delle altre metropoli mondiali che da sole basterebbero per essere rappresentative della vita umana attuale se dovessimo parlare di noi a dei popoli alieni.

Non mi dilungo oltre, vale la pena prendere l’auto od il treno ed andarla a vedere, lascerà in ognuno di voi una nostalgica sensazione, ed un sentimento di vuoto per la scomparsa di una persona così importante, capace di interpretare il nostro mondo tramite il suo obiettivo.

Qui il link ufficiale alla mostra.


Unicredit Pavillion, Gabriele Basilico – Milano

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Fotografia Contemporanea dall'Europa Nord-Occidentale

date » 12-09-2016 23:43

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tags » Fondazione Fotografia Modena, Fotografiche, Modena, Mostre, Tom Sandberg,


Fondazione Fotografia Modena
Foro Boario – Modena

Una serie di artisti eccezionali provenienti dall’Europa Nord-Occidentale, riempie gli spazi espositivi della Fondazione Fotografia Modena fino al 10 gennaio 2016.
Primo fra tutti Tom Sandberg, che da solo vale la pena di essere preso in esame per questa (per me che vengo da Venezia) gita fuori porta. Questa manifestazione che è divisa in più parti, in questo momento si occupa dell’esame di artisti di quest’area. I contenuti della mostra permettono di esplorare questa visione nord-europea tramite la nitidezza e la ricchezza dei contenuti. Queste visioni che si distaccano emotivamente da visioni di altre aree europee, certificano come vengano a differire i linguaggi espressivi a seconda delle zone di appartenenza degli autori. Cosa che rappresenta per me ormai una sacralità ma in questo caso risulta certezza conclamata. Infatti se gli artisti dell’Est Europa sentono la ricerca artistica come un dovere per poter affrontare e ricomporre un passato importante, affrontando il tutto come una missione, gli artisti del Nord Europa intraprendono un viaggio verso se stessi, verso le relazioni umane, indagandole insieme al rapporto che si sviluppa con l’ambiente naturale e cercando di ritornare quanto più possibile rimane di bellezza, composizione ed armonia. Ecco perchè adoro questo tipo di fotografia essenziale ed intimista.

Nel corso di una carriera più che trentennale, Tom Sandberg ha lavorato soprattutto con la tecnica del bianco e nero, prediligendo medio e grande formato e dando vita ad un corpus di opere rilevante. I lavori esposti a Modena sono pervasi da un’inquietudine tipicamente nordica: visioni che divengono riflessioni aperte sulla vita e sulle sue infinite sfumature (sottolineate da una superba stampa), in taluni casi vere e proprie allucinazioni che richiamano gli incubi di Munch, nelle quali la presenza umana diviene una proiezione di sé, tanto incerta quanto definitiva. (Fonte Fondazione Fotografia Modena). La mostra include fotografie di Morten Andenaes, Jonny Briggs, Melissa Moore, Sandra Kantaen, Oliver Richon e molti altri.

Tra le più interessanti visioni, quella di Barbara Prost, che tramite l’uso di scatti multipli fatti da più persone contemporaneamente ripropone il tema della impersonalità delle opere e citando Brecht “la rivelazione della costruzione delle stesse”. Questi sono degli scatti miei del Foro Boario di Modena, niente a che vedere con le opere esposte … vi suggerisco, comunque di andarla a visitare questa esposizione, oltre al fatto di usufruire della bellezza di questa straordinaria città anche per il fatto che si mangia niente male … doppia felicità a tutti.

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La Storia del Jazz, Stevie Biondi

date » 17-10-2016 23:24

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tags » Ai Due Portoni, Emotional Jazz Live, Jazz, Live, Mestre, Musica, Stevie Biondi, Storia,

Rassegna “Emotional JAZZ Live”
Ai due Portoni, Mestre, 29 marzo 2014


Eccomi di nuovo a raccontare l’ultima serata del ciclo “EMOTIONAL JAZZ LIVE” che questa volta ha avuto come tema la “STORIA DEL JAZZ“. Obiettivo ambizioso per riassumere, tramite canzoni da inizio 900 ai giorni nostri, uno dei maggiori stili musicali. Anfitirione della serata è stato STEVIE BIONDI fratello del più famoso MARIO. Stevie, ha intrapreso un percorso didattico che partendo dal Dixieland è passato attraverso lo Swing, il Bebop, l’Hard Bop, il Cool Jazz, la Bossa Nova, il Jazz Modale, il Soul Jazz ed il Free arrivando al Jazz Rock, lo Smooth e le nuove forme chiamate Acid Jazz o Nu Jazz. Tutto questo affrontando brani impegnativissimi e dando prova di una tecnica canora talentuosa e di ampia escursione. Imitando e divertendo il pubblico con una bellissima “What a wonderfoul world” di Luis Armstrong, Stevie si è dilettato nello scat singing e all’incalzare di “I just waana stop” di Gino Vannelli ha coinvolto emotivamente il pubblico. Il gruppo che lo ha sostenuto ha oltremodo espresso grande bravura esaltando brani come “Cantaloupe Island” di Herbie Hancock e devo dire che mi è piaciuta “My funny Valentine” alla quale sono particolarmente legato, interpretata magistralmente dal dotato crooner. Mi spiace solo un po che non si sia ascoltato qualcosa di Cole Porter (grandissimo esempio di composizione in questo panorama) ma mi aspetto che Stevie ci pensi per la prossima volta.

A conti fatti una bellissima serata che ha lasciato tutti soddisfatti e carichi. Il mio solito ringraziamento all’organizzazione di Sara Battistella che ha fatto in maniera che tutto viaggiasse alla perfezione. Grazie anche “Ai due portoni” per l’ospitalità data a questa rassegna.

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Lorenzo Tucci ai DUE PORTONI a Mestre, anteprima del nuovo album "TRANETY"

date » 07-09-2016 18:51

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tags » Lorenzo Tucci, Tommaso Scannapieco, Tranety, Jazz, Drummer, Claudio Filippini, Mestre, Fotografia, Musica,

16/12/2013
Serata spettacolare al Circolo Due Portoni di Mestre, un trio di eccezione formato da Lorenzo Tucci (batteria) , Tommaso Scannapieco (contrabbasso) e Claudio Filippini (piano) ha dato prova di un virtuosismo fuori dal comune. Reinterpretando le composizioni già impegnative di un gigante del jazz quale è Coltrane, il trio ha saputo rivedere e rendere ancor più frizzanti le composizioni del grande sassofonista. Grazie all'entrata in scena di altri importanti ospiti quali Daniele Scannapieco (sax), Gianfranco Campagnari (tromba) e la voce di Steve Biondi che , non serve ricordarlo è il fratello del più famoso Mario, il mood raggiunto è stato altissimo e di enorme contenuto tecnico ed interpretativo.

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