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ISOZERO

date » 08-10-2018 17:43

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tags » ISOZERO, Efrem, Raimondi, Laboratorio, Fotografia, Rimini, Oxygen,

ISOZERO
Viserbella - Rimini
05-07 ott 2018





Nello scorso week-end un po’ sottotraccia, ma non sottotono, ho partecipato al primo incontro del laboratorio di fotografia ISOZERO di Efrem Raimondi a Rimini.
Sono stati un paio di giorni pieni di fotografie, nuovi e vecchi amici, progetti, e indicazioni.
Un paio di giorni di confronti, alcuni tesi, altri scherzosi, ma comunque confronti.
Perché, a mio avviso, la fotografia è questo, un confronto continuo.
Pochi scatti, perlopiù fatti per rilassare la mente, molte parole e molti concetti.
Logico che nell’incontro di una trentina di fotografi, provenienti da ogni parte d’Italia, le differenze di visione siano molte e talvolta ampie, ma la presenza di un coach di tutto rispetto ha permesso di creare un terreno neutro in cui, bene o male, i singoli progetti sono stati vivisezionati, scardinati, criticati ma sopratutto arricchiti.
Dal mio piccolo e personale punto di vista non posso che ringraziare Efrem Raimondi, di tutto ciò.
Ma sento, in egual misura, di ringraziare tutti i partecipanti per avermi permesso di vedere e dialogare con loro sui loro progetti fotografici, e poi anche sul mio.
Ne sono uscito di sicuro più carico e felice di far parte di questo laboratorio, inusuale nel suo metodo e nel suo percorso.
Oggi posso dire: grazie Efrem, ci vediamo alla prossima, e vedrai che non potrai più dirmi che il mio progetto lo vuoi fare tu.


Qui il link al blog di Efrem Raimondi e a ISOZERO



Tutti i testi e le foto sono protette da copyright.
E' vietato ogni utilizzo non espressamente autorizzato dall'autore.
Giovanni Cecchinato Fotografo - All rights reserved - © 2018

Un passo in più





Ci siamo quasi, un punto di nero, la carta più calda.
Ci sto lavorando da un po' e non è ancora come vorrei.
Volevo a tutti i costi stampare questo quaderno.
Arrivare a questo piccolo risultato.
Per avere un riferimento fisico-materiale di un anno di lavoro
passato a fotografare il gioiello di Carlo Scarpa e
quelli di Grafiche Antiga si son dati ben da fare.
Grazie veramente.
A breve avrò il quaderno e potrò distribuirlo.
Il mio lavoro su Tomba Brion continua il suo piccolo percorso.
Che per me piccolo, non è.
Anzi.
Non è stato difficile,
ma non è stato facile.







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Progetto "Ipogei di Ventotene" Aprile 2018

date » 24-04-2018 14:10

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tags » ventotene, speleologia, fotografia, grotte, arte, giovanni cecchinato, grana, isola, pontine, Roma, Lazio, archeologia,

Al venerdì prendiamo la strada di Formia, insieme a Steve ed a Maurizio, il nostro riferimento speleologico.
Maurizio è colui che ha scoperto le cavità che andremo a documentare. Grazie all’unione delle idee e delle conoscenze tra Maurizio e Steve nasce questo progetto che l’Amministrazione dell’isola di Ventotene ha preso in considerazione.
La macchina corre verso sud, ma la musica di Steve si lancia più a sud-est.
L’aliscafo alle 3 del pomeriggio ci porta velocemente verso Ventotene, ormeggiamo dopo circa un ora e subito dopo cominciamo a smistarci nei rispettivi alloggi.
Verso le 5 andiamo a piedi verso il sito ad effettuare una perlustrazione.
La situazione non è pericolosa ma neanche tanto sicura, non è semplice e non è veloce.
Sopra ai due ipogei è stata costruita una casa, le cui sporgenze sono precarie.





L’enorme buco antistante all'abitazione permette di individuare tre aperture; la centrale, quella più grande, è di sicuro il condotto di aerazione, la più piccola quello che resta del punto di accesso.
Passiamo parte del tempo a cercare di capire come organizzarci tra i due gruppi di lavoro; io e Steve cercheremo di fotografare (nel buio) ; Marco, Ilaria e Anna tenteranno di portare giù un laser-scan e creeranno, tramite dei target di riferimento, una visione matematica delle due cavità.
Il giorno dopo ci si alza presto e alle 8 si è già operativi e pronti ad andare nel luogo definito.
Maurizio prepara gli imbraghi e non senza qualche difficoltà ci caliamo fino al livello base di entrata dove poi verranno calate anche tutte le attrezzature.



I ragazzi del rilevamento laser arrivano, l’adrenalina sale e fa dimenticare ogni problema e, decisi, ci apprestiamo a scendere.
Vado avanti io, in avanscoperta e mi calo per primo nel pertugio di entrata.
E’ ostruito da una piccola frana, il che mi crea qualche difficoltà.
Ma dopo un po di lavoro sgomberiamo il passaggio.




Arrivo fino al confluire delle due cavità e lo spettacolo che mi trovo davanti non è dei più edificanti.
Data l’altezza delle due cavità di circa 5/6 mt, che si dipartono dall’ingresso come in una “L”, una montagna di rifiuti arriva quasi fino al soffitto e scende in forma conica verso i pavimenti, per forse 10 mt.
Probabilmente per un periodo, non proprio corto, di anni, si è gettato a dismisura in quel buco di tutto.
Nessuno ha mai riferito di nulla.





Il mio problema fotografico sarà quello di isolare quello che rimane libero dai rifiuti e dovrà permettere una identificazione del luogo.
Dovrò cercare di produrre una buona immagine, aiutato dalla luce di un faretto da 1000w, assoggettato però alla mancanza di corrente, che va’ e viene.
Ma se la fotografia è l’arte del risolvere, in questo frangente se ne avrà la più palese dimostrazione.
Mi sono velocemente accorto che tutta la ricerca iconografica fatta in queste ultime settimane può altrettanto velocemente essere dimenticata.
Dunque, forte concentrazione sul come si potesse portare a casa il minimo indispensabile.
Definiti i punti di interesse ci siamo messi al lavoro e nel giro di un paio d’ore siamo riusciti a definire qualcosa, nella prima zona di lavoro, mentre Marco (l'ingegnere del laser-scan) lavora nell’altra.
Fatta una pausa all’aria aperta ci sostituiamo di posizioni e mi appresto a fotografare li dove i segni della lavorazione della grotta si fanno più evidenti.



Arrivato il tardo pomeriggio, completati tutti i doveri siamo usciti "a riveder le stelle".
Aspetto di non poco conto che rallegra di colpo tutti è la cena in serata al “Giardino”, noto locale dell'isola.

Tecnicamente l’esame fotografico l’ho intrapreso definendo tre punti di ripresa nei quali ho usato la mia Arca Swiss con un dorso Phase One IQ160, messa su cavalletto.
Ho ottenuto delle immagini con una risoluzione di 8900x6700 px c/a utilizzabili a 300 dpi per una base di stampa di 76x57 cm (teorico negativo di base). Ho lavorato cercando di restare nella zona dei 400 ISO e con diaframma chiuso a F16.
Negli altri approcci, quelli della ricerca dei dettagli, ho utilizzato la mia Leica M 262 ed ho lavorato a mano libera cercando le particolarità di lavorazione delle cavità facendomi aiutare con un faretto alogeno da 1000w.

Qui la galleria con il lavoro prodotto.

Spero il piccolo resoconto possa essere di aiuto e mi auguro che questo progetto sia di ampio respiro e porti a dei risultati positivi e alla definizione del progetto finale.
Vi prego di scusarmi per la scarsa bravura nello redigere questo piccolo racconto.


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Lo Sguardo e l' Ombelico 20 II gen 18 Riccardo Caldura

date » 24-01-2018 09:46

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tags » Riccardo Caldura, Centro Candiani, Sguardo, Ombelico, Mestre, Incontri, Fotografia, Arte, Cultura,

Lo Sguardo e l'Ombelico - II edizione - 20 gennaio 2018

Centro Culturale Candiani - Mestre Venezia

Riccardo Caldura





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Lo Sguardo e l'Ombelico Seconda Edizione

date » 05-12-2017 11:06

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tags » Sguardo, Ombelico, Candiani, Bollettino, Fotografia, Incontri, Rassegna, Cultura,

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05/12/17
BOLLETTINO DAL FRONTE OPPOSTO

Nel passato ciclo di incontri de "Lo Sguardo e l'Ombelico" ci siamo interrogati sulla figura del fotografo professionista, e abbiamo sentito le idee, le esperienze e le impressioni sulla fotografia odierna da parte di Efrem Raimondi, Settimio Benedusi e Massimo Siragusa. Dei professionisti di spessore nel panorama nazionale che ci hanno illustrato le sensazioni di chi la fotografia “la fà, la produce”. Abbiamo avuto modo anche di assaporare una piccola parte iniziale di iconografia artistica e non, tramite gli interventi di Fulvio Bortolozzo e Riccardo Caldura.
Dunque un percorso, un tratto di strada nel quale sentendo i resoconti di chi la fotografia “la fà, la produce”, la vive direttamente poiché lavoro quotidiano, ne abbiamo tratto molte impressioni.
Ognuno di noi ha portato a casa, una parola, un concetto, una nuova idea che nel corso di quest’anno ha permesso di maturare la visione della fotografia che aveva.
Ma se questo è un fronte su cui si combattono nuove e vecchie lotte e dilemmi, nonchè terreno di sfide continue, dettate dall’era digitale su di un altro fronte si combatte una battaglia opposta, quella di chi la fotografia “la vede, ne usufruisce, deve giudicarla” bene o male in tutti i suoi molteplici aspetti e utilizzi.
Dunque il fronte opposto è formato da esperti nel ruolo didattico o nell’ambito artistico, da organizzatori di festival o manifestazioni, da critici o bloggers o giornalisti o archivisti o selezionatori o storici. Le valorizzazioni di un insieme di professioni che non vivono sulla produzione della fotografia ma sulla sua definizione derivante dalla ricezione degli stimoli visivi che essa stessa produce; un fronte in cui, da parte di chi si mette in trincea vi è una ricerca di una definizione, dei concetti originari, della valorizzazione o dello scarto della produzione sovrabbondante e spesso caotica e non definita dei nostri giorni. Ecco la squadra dei "Magnifici 5" che ci accompagnerà nel 2018 ad esplorare nuovi territori della fotografia in questo terzo millennio. Un ringraziamento assoluto al Centro Culturale Candiani di Mestre (VE) che ospita e sovrintende la manifestazione ed ai relatori che hanno accettato il mio invito: Riccardo Caldura,​ Laura Manione,​ Luca Panaro,​ Michele Smargiassi,​ Antonello Turchetti.​


A breve il calendario completo con le indicazioni per ogni singolo incontro.
STAY TUNED!!!


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IpoTetico Diario #07 - Liquido Confine II

Liquido Confine II
12/09/17

Questo progetto fotografico dovrebbe essere collegato a dei ragionamenti sull'evoluzione della metereologia terrestre, ai cambiamenti climatici in atto ma il discorso diventerebbe enorme.
Perché è difficile raccontare con le immagini, ciò che accade sulle nostre coste durante l'autunno e l'inverno.
Siamo tutti collegati al fatto che il mare e la spiaggia siano delle cose legate unicamente all'estate.
Sole e abbronzatura.
Poi ce ne dimentichiamo.
Nella sola costa di Bibione nel 2016 si sono stanziati 3 milioni di euro per la gestione degli arenili.
La Regione Veneto ha investito due milioni di euro, nell'unico progetto "REDUNE" partito nel 2017.
E sono "solo" una parte dei progetti aperti.
Ogni anno si investe per cercare di recuperare il litorale che il mare ha portato via, durante l'inverno.
Poi mentre noi, ce ne stiamo negli uffici a lavorare, al riparo nelle calde case d'inverno.
Li...
si contende, in una guerra senza fine, il dominio del mare sulla terra.
Che sale e vince,
che scende e porta via, come un predone affamato.
In una labile definizione di un confine che non è mai demarcato.
Si muove in continuazione secondo la sua furia temporanea.
E non c'è niente che si possa fare.





Oscilla il fronte
del duello cortese;
insita è l’arma di terra
e di mare nel corpo
loro gettato l’uno
sull’altro, si lotta,
opposti dal giorno
che Dio separò.

A noi che banchettiamo,
sulle coste sognatori,
e beviamo gli sguardi
rosseggianti di vele
e di tramonti, duole
l’arretrare d’arenili
e, lontana, l’eco di crolli.
Altrove di falesie
si nutre l’erosione,
ma remote nascono isole.






Jesolo Marina
01 febbraio 2014
Mareggiata di Scirocco con +125 di acqua alta a Venezia.
Raffiche attorno ai 40 nodi.










Liquido Confine è un progetto di documentazione fotografica della Costa Nord-Adriatica iniziato nel 2012, trovi uno stralcio a questo link



Tutti i testi e le foto sono protette da copyright.
E' vietato ogni utilizzo o riproduzione anche parziale non espressamente autorizzato dagli autori.
Poesia di Carlo Tosetti - All rights reserved - © 2017
Testo iniziale e foto di Giovanni Cecchinato Fotografo - All rights reserved - © 2017




IpoTetico Diario #06 - L'onda e la ragione

L'onda e la ragione
Liquido Confine I
07/09/17

Un evento dedicato al mare, alla poesia, alla fotografia.
Ecco come ho conosciuto Carlo, poeta, Tosetti.
Un amica comune ci ha messo in relazione per vedere se dalle mie foto del litorale nord-adriatico, potessero sorgere dei versi.
Un mio progetto aperto dal 2011.
Lo ho chiamato “Liquido Confine”.
Cerca di fermare alcuni momenti durante le mareggiate che investono il litorale veneto.
Si può parlare di erosione e cattiva gestione dell’ambiente costiero.
Volendo.
Non so.
Non ne sono deputato certo io.
Io fotografo.
E mi sembra sia utile documentare.
E’ un lavoro lungo.
Ma chi mi conosce sa che è pane per i miei denti.
Non pensavo però potesse suscitare una riflessione poetica.
Carlo mi ha sorpreso.
Assieme abbiamo deciso di pubblicare alcune sue ispirazioni.
Se piacciono bene.
Altrimenti …
ciao, tutto come prima.





Il periglio sta chino,
è dietro, carponi,
al fronte dell’onda
e non solo attende
l’orzare audace,
il vincere creste che spumano:
si prende le merci,
issate le reti il pescato.

La sussistenza,
che portano a riva
l’oniriche barche,
sbilenche, stanche,
è tutta concessa.
Si gonfiano reti,
perché la tempesta
e i marosi altrove
inghiottono vita.




Foce del Sile - Jesolo
01 febbraio 2014
Mareggiata di scirocco con +125 di acqua alta a Venezia.
Raffiche attorno ai 40 nodi.








Liquido Confine è un progetto di documentazione fotografica della Costa Nord-Adriatica iniziato nel 2012, trovi uno stralcio a questo link




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Testo iniziale e foto di Giovanni Cecchinato Fotografo - All rights reserved - © 2017

IpoTetico Diario #05 - La pioggia in lontananza

date » 03-09-2017 21:58

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tags » Pioggia, Portegrandi, strada, ricordo, nostalgia, macchine, SS14, poesia, ipotetico, diario,

La pioggia in lontananza
(SS14)
03/09/2017



Sono passati 30 anni da quando tu, eri ad un mese dal compierne 20.
Un giovane ragazzo, di una famiglia normale, in un Italia che, in quell’87, fin troppo voleva crescere e diventare diversa.
Dovevi fare la maturità.
Ed è cosi che con tutti gli amici, della stessa classe, ed i professori avete festeggiato, a Jesolo.
La fine di una avventura.
La fine dell’adolescenza.
E ti eri fatto un regalo speciale … un biglietto per il concerto degli U2. A Modena.
Joshua Tree Tour.
Lo aspettavi da tempo.
Non ci saresti mai andato.
Ti facevi il conto alla rovescia.
Ma non sapevi che lo stavi facendo alla tua vita.
Sei morto senza sapere neanche perchè.
Su quel ponte a Portegrandi, su quel muretto romanico, con i tuoi tre amici.
Avevate accompagnato a San Donà di Piave, un vostro compagno e poi tornavate a casa.
Per quella strada che oggi, ho rifatto dopo molto tempo.
Un componente ha ceduto, voi siete andati a schiantarvi.
Alle 4.03 di quella notte, mi sono svegliato.
(poi qualcuno mi ha detto che, presumibilmente, era l’orario dello schianto)
Alle 4.03 mi sveglio da 30 anni.
E vado a bere un po di acqua.
Quella strada mi ha portato via molto.
Oggi l’ho rifatta.
Forse il tempo.
Forse la pioggia distante.
Forse il blu delle nuvole.
Avevo la macchina fotografica con me.
Sono uscite queste foto.
Parevano essere in sintonia con la mia anima.
Macchine e pioggia in lontananza.
Blu.
Gli inglesi usano il termine blue per indicare la tristezza, la melanconia.
Si …
Blu e pioggia in lontananza.
Ne sento l’odore.
Le macchine corrono, ognuna posseduta da un sacro fuoco di velocità.
Piccoli ordigni.
Inconsapevoli della loro letale potenza.
Hanno tolto il muretto sul ponte.
Messo un guarda-rail.
Tanti semafori.
Rallenta.
Dicono.
Io, avrei voluto fermarti, io, quando ti ho visto per l’ultima volta.
Averti almeno abbracciato forte.
Ho solo potuto comprarti una bara, dopo.
Ti ho vestito nei tuoi resti.
E ti ho pianto in silenzio, ma neanche tanto.
Quando mi ubriacavo fino al vomito.
Oggi ti parlo, e ti ricordo, tramite queste foto.
Almeno non mi faccio del male.
Fratello mio.














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Evolutio Visio - Mestre 2015

Evolutio Visio - Mestre 2015
02/05/2017


Ciao a tutti,
eccoci di nuovo qui per il nostro terzo appuntamento con la fotografia e la nostra città, Mestre.
Oggi faremo dei ragionamenti su di un progetto che ha segnato molto il mio “modus operandi”.
Il progetto si chiama “Evolutio Visio - Sulle orme di Gabriele Basilico - Mestre 2015”.
Titolo che ci preannuncia un diretto ed implicito riferimento al grande fotografo che ha lasciato con i suoi lavori una traccia precisa, importante ed indelebile nella fotografia italiana ed internazionale.
Il mio accostamento è stato puramente citativo e non vuole assurgere a nessuna comparazione diretta con le foto del grande autore, che sono insuperabili, anzi ne vuole rievocare l’esistenza e utilizzarle come metro di paragone a distanza di un determinato lasso di tempo.
Abbiamo parlato ampiamente della “progettualità in fotografia” e questo è il mio apporto.
In quanto come accennato nel primo articolo, sono arrivato al completamento di questo lavoro, solo per via di una precisa modalità di lavoro e con il confronto con le altre persone che hanno condiviso il progetto, in primis il prof. Riccardo Caldura dell’Accademia di Belle Arti di Venezia.
Abbiamo visto, nel primo articolo, che ci sono stati due step precedenti ad Evolutio Visio, prima di averne una versione definitiva. Partito il tutto nel 2011, solo nel 2015 sono riuscito a dare alla luce un idea che fosse concreta ed presentabile.
Il tutto avviene grazie ad un personale miglioramento tecnico dovuto all’uso di una macchina fotografica, chiamata banco ottico. Cioè un apparecchiatura che rappresenta la terza sezione nel corredo tecnico di un fotografo. Nella prima troviamo le reflex e le mirrorless, nella seconda il medio formato, nella terza i banchi ottici. A dispetto delle prima due che sono comunque più maneggiabili i banchi ottici necessitano di un supporto treppiedi, di un livellamento e di una necessaria tecnicità nella fase di ripresa. Anche in postproduzione i files derivanti dai banchi ottici, che vengono presi da dei dorsi digitali, necessitano di un adeguata messa a punto, come d’altronde avveniva nel secolo scorso quando invece le conoscenze tecniche chimiche aiutavano a sviluppare al meglio le lastre prodotte dalle stesse macchine.



Torniamo a noi, questo progetto che esamina la parte “urbana” di Mestre (escludendo la parte storica) è stato esposto al Centro Culturale Candiani di Mestre, all’Università di Architettura IUAV di Venezia, alla Galleria Biffi Arte di Piacenza. E inoltre stato selezionato dal sito “beautyitaly” (che si occupa di indagare fotograficamente i territori italiani) per essere presente al XXIX Congresso dell’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) a Cagliari. Ultimamente è apparso sulla home page del sito di Architettura Italiana, che funge da atlante dell’architettura contemporanea, segno di un interesse deciso verso questo tipo di lavori.
Ho scritto varie piccole cose su questo lavoro e lo ho presentato più volte in occasione di alcune mie piccole lezioni sulla fotografia. Ed è capitato che chi non conoscesse Mestre ne fosse colpito per una sua sorta di bellezza che ne emergeva. Mi è capitato di ricevere dei complimenti da dei follower stranieri su Instagram che addirittura ne vedevano una sorta di città del futuro … sinceramente lasciandomi spiazzato, ma in parte orgoglioso.



Perché dopotutto la nostra città non è cosi brutta, avendo girato il mondo (poco) ho avuto certamente maniera di fare delle comparazioni, ed è vero che c’è di meglio … ma c’è anche di tanto, tanto, tanto peggio.
Quando poi ascolto i commenti piccati dei miei concittadini verso questa nostra città, ecco … resto molto perplesso.
Ne viene questa considerazione: “Ma se chi non conosce Mestre. guardando il mio progetto ribalta una sua idea preconcetta, addirittura la migliora, allora è la maniera di vedere di ognuno di noi quella che stabilisce il rapporto con l’ambiente circostante”.
Non a caso una citazione del 1878 di M. Hungerford in “Molly Brown” recita che “la bellezza è negli occhi di chi guarda”, ma il concetto possiamo trovarlo anche negli scritti di W. Shakespeare dove “il valore della bellezza è dato dal giudizio dell’occhio (…)”.
Arrivo senza fatica anche a capire che per opposto chiunque vorrà vedere brutta una cosa, in maniera intransigente ed acritica, continuerà a farlo.
Ma tornando alle nostre fotografie, con un po di attenzione alla ricerca del momento migliore o quello con la luce più adatta, sono riuscito a prelevare delle immagini che mi hanno veramente gratificato.
Segno che una parte di Mestre può essere godibile e piacevole … non sempre … ma in alcuni momenti … forse come tante persone scontrose che possono in rari momenti regalare sorrisi o gesti che fanno dimenticare tutto il resto.



Insomma il mio modesto contributo a Mestre è questo, quello dei miei occhi, in quel momento, con quell'idea.
Qui potete visionare, se ne avete voglia, nel mio sito, una galleria più estesa di immagini ed uno scritto importante di Riccardo Caldura a riguardo di “Evolutio Visio”.
Inoltre a questo indirizzo, che porta al sito di "beautyitaly" il mio articolo scritto per loro su Mestre e su "Lo sguardo e l'identità", che ripercorre un po il pensiero che vi ho appena espresso.
Perdonate sempre lo scribacchino per la sua maniera di scrivere e ciao a tutti, alla prossima settimana.


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Il progetto prima dello scatto



Ciao a tutti,
eccoci a questo secondo appuntamento dedicato alla fotografia per il gruppo “Mestre Mia”.
Visto l’insieme di elementi trattati l’altra volta, oggi sarò più leggero, e spero di riuscire a raccontare meglio i miei pensieri.
Non vi introdurrò ad Evolutio Visio come promesso, lo farò nel prossimo articolo.
Oggi vi parlerò di un altro argomento, secondo me importantissimo in fotografia. Parlo del “progetto fotografico” che sta prima di ogni fotografia. Resta inteso tra di noi, che l’ esempio che seguirà sarà comunque sul nostro territorio, su Mestre in particolare.

Da fotografo, tengo molto alle idee che precedono qualsiasi fotografia. Vivendo poi in un epoca che ridonda di immagini fotografiche, però, logico che quasi tutto sia ormai visto e trattato.
Ogni qualvolta ci proponiamo di fare qualcosa, la nostra idea è sicuramente già stata usata, e la nostra fotografia già ampiamente scattata da chissà quante altre persone.
Non a caso, ludicamente parlando, è apparsa sul mercato una macchina fotografica che non scatta la foto se quello che vogliamo riprendere è già stato pubblicato fortemente sul web o ha un numero eccessivo di geo-tag. Una sorta di diniego allo scatto che, ne sono sicuro, porterebbe l’utente medio ad una forte frustrazione in merito, ma penso anche al fotografo esperto. La macchina disobbediente si chiama “Camera Restricta” dateci un occhio qui. Se vi avanza del tempo date un occhio anche al video che parla di una ragazza che tenta di scattare delle foto a Copenhagen.

Come fare allora per poter avere qualche margine di differenza tra tutto ciò che prolifera in questo mondo e la nostra produzione?
La mia personale risposta, e convinzione, sta nell’idea, nel progetto, nell’insieme fotografico.
Diciamo anche che non è solo mia, ma è una considerazione ben sedimentata in molti grandi autori e critici fotografici.
Ce ne parla ampiamente Augusto Pieroni in un libro che dovrebbe avere ogni fotografo che si chiama "Leggere la fotografia".
Reperimento, Elaborazione, Acquisizione, Processo ed Edizione, sono le cinque fasi operative che dovrebbero precedere e poi accompagnare le immagini, ma non mi dilungherò su di loro.
Ecco perché un immagine può non contare molto, sopratutto se vistosa, ma contano di più, un insieme di immagini.
Una sorta di racconto che ci permetta di leggere la visione di quella persona, di quell’autore.
La sua personale maniera di vedere il mondo, il suo “linguaggio”, che come ricorderete abbiamo cominciato a discutere nell’articolo precedente.

Spesso si confronta la fotografia con la pittura.
Io non lo ritengo esatto, tenderei a confrontare la fotografia con la scrittura. Anche qui non sono solo.
Nel senso che, un insieme di immagini possono raccontare una storia, un’idea, ma fanno capire se l’autore ha un progetto, una maniera di proporre il suo lavoro omogenea e continuativa.
L’insieme può essere inframezzato da punteggiature, accenti, che lo caratterizzano, tramite colori e settori. Può parlare di persone o volumi, ombre o luci, fermandosi su dettagli o su ampie vedute.
Ecco che allora l’insieme, che forzatamente deve essere preceduto da un pensiero, comincia a raccontare non solo una storia ma anche la vita ed i sentimenti di colui che ci sta proponendo il tutto, con la sua personale visione.

Gli autori di spessore, così come gli scrittori importanti, sono riconoscibili per il loro stile, per la personalità univoca che trasmettono alle loro opere, alle loro fotografie, quasi una cessione fisica del loro carattere e della loro visione in ciò che producono.
E che si riscontra omogeneamente in tutto i loro operato.
Non dunque uno stilismo (come ha detto Ferdinando Scianna), ma un vero e proprio stile.
Non frutto di un attimo ma di un pensiero continuo.
Come ci ha ribadido Efrem Raimondi poco tempo fa in una conferenza al Centro Culturale Candiani, non si ritrae qualcosa o qualcuno, quando si scatta, si ritrae se stessi.
Ne consegue che la propria immagine e il proprio pensiero vengono distillati nel proprio lavoro fotografico e visibili non in uno scatto ma in un gruppo di immagini.

Per arrivare all’ esempio che vi propongo oggi, appongo ancora una piccola precisazione.

Circa un anno fa su Facebook incontrai un gruppo di fotografi che si erano uniti in un gruppo che si chiama “L’elogio dell’ombra”.
Fotografi che da tutta Italia si confrontavano su di un tema diciamo “banale” come quello dell’ombra, tentando di estrapolarne, distillarne l’inusuale, trovandone la forma giusta per “elogiare l’ombra”.
Per cui un progetto pregevole di unione di persone ed idee che tentano di produrre del materiale fotografico con un tema preciso e dei paletti definiti.
Ad oggi un gruppo di autori selezionati di questo gruppo (tra cui mi annovero) ha portato i risultati di questo gruppo in una mostra collettiva in più sedi espositive : Novafeltria (RI), Calcata (VT), Modena, Fanano (MO), e a breve altre date porteranno quei lavori in altre parti d’Italia.

Quando mi sono apprestato a candidare le mie foto, ho fatto precedere più di un ragionamento. E solo poi ho deciso di mettermi in gioco.

Le foto esposte nella collettiva riguardano Mestre e sebbene dovessero parlare di ombra, ho voluto che vi fosse una idea precisa in merito.
L’ombra come ristoro, ma anche un limite labile (dove finisce? dove inizia?) con la luce.
Come labile è il confine tra la vita e la morte.
Per chi conosce un po della mia vita sa che la perdita di tutta la mia famiglia mi ha segnato profondamente.
Ma nonostante tutto, la speranza o il conforto di persone care, ha lenito nel tempo i vari malesseri.
In una particolare parte della mia città, la quale, povera, è al centro sempre di mille polemiche, ho stranamente trovato una sorta di piccola pace e serenità.
Ora, in un determinato momento della giornata e dell’anno, sono riuscito a catturare, in questa sequenza, la mia sensazione di dove luce e ombra si sovrappongono.
Dove l’ombra ristora dall’arsura, insieme a dei simboli metaforici di vita, e di passaggio del tempo.
Forse nel ristoro dell’ombra, una sensazione di una qualche protettiva presenza, sempre vigile, ristoratrice.
Ecco dunque, questa era la mia visione, prima di creare le immagini che vi propongo, e che ora parlano di Mestre in giro per l’Italia.


Mestre 2015 - Canale dell'Osellino









Spero ancora ancora di non avervi annoiato, nel contempo spero di esservi stato utile per capire un po di più questo delicato ma complesso mondo fotografico. Anche se lo scribacchino non è tanto bravo. Alla prossima, e lasciate i vostri commenti senza timore.



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